Dati, dati e ancora dati
Tutti noi ormai usiamo gli smartphone, i computer o i tablet per fare sempre più cose e ci sono sempre più dispositivi “smart”, non a caso quindi si sente spesso parlare di Big Data, Internet of Things (IoT), Artificial Intelligence (AI) e di tutti quei termini che ci fanno capire come siamo nel pieno della trasformazione digitale.
Cisco, multinazionale specializzata nella fornitura di apparati di networking, nel Visual Networking Index del 2018 forniva un dato che ci fa capire quanto stia crescendo l’utilizzo di Internet: tra il 1984 ed il 2016 sono transitati su internet 4.8 ZB (zettabyte) di dati che equivalgono a 4.8×10^12 GB (gigabyte) ovvero quattromilaottocento miliardi di gigabyte. La previsione fatta da Cisco è che questa stessa mostruosa quantità di dati verrà trasmessa mediante Internet nel solo anno 2022!
Le aziende sono sommerse dai dati. Per svolgere le loro attività generano e raccolgono dati su clienti, fornitori, prodotti, aziende partner e concorrenti in un modo mai visto prima, ma tutti questi dati sono utili solo se si riesce a ricavarne delle informazioni, altrimenti restano quello che sono, appunto solo una montagna di dati.
È qui che entra in gioco la Business Intelligence (BI). Con questo termine si indicano le metodologie, i processi e le tecnologie impiegate per la raccolta, memorizzazione e infine trasformazione dei dati in informazioni, utilizzabili per svolgere analisi operative e strategiche efficaci volte a facilitare il processo decisionale in un contesto aziendale.
Evoluzione della Business Intelligence
La “business intelligence” esiste già da molto tempo, questo termine infatti venne usato per la prima volta da Richard Miller Devens, nel libro “Cyclopædia of Commercial and Business Anecdotes” del 1865. Devens usava questo termine per descrivere come Henry Furnese, un banchiere di successo, riuscì a trarre un vantaggio competitivo dalla raccolta e dall’analisi dei dati, diversamente da quanto faceva la concorrenza. Questo voleva sottolineare quanto per sviluppare una strategia di business fossero più affidabili i dati e l’evidenza empirica piuttosto che l’istinto.
Sono passati più di 150 anni e il concetto alla base della Business Intelligence è rimasto lo stesso. Ciò che ovviamente è cambiato sono la tecnologia e gli strumenti al servizio della BI.
A partire dagli anni ’90 e fino a una decina di anni fa, gli strumenti di BI erano gestiti in larga misura dai reparti IT delle aziende perché richiedevano la conoscenza di un linguaggio di interrogazione (query language), linguaggio che rende possibile l’estrazione di informazioni da un database. Era il reparto IT che raccoglieva i dati da diverse fonti, li trasformava e li caricava in un unico database; una volta organizzati, i dati venivano ricercati e raccolti quando necessari per redigere un report informativo sulla situazione aziendale. Infine, sempre il reparto IT consegnava il report a chi lo aveva richiesto. L’intero processo poteva richiedere giorni.
Negli ultimi 10 anni, a causa dell’esplosione dell’utilizzo di internet e della sempre crescente quantità di dati con cui si ha a che fare (si parla appunto di Big Data), questo approccio è stato superato in favore di uno più dinamico e che favorisce il “fai da te”. Sono nati infatti nuovi software di BI che eliminano la necessità di avanzate conoscenze tecniche, come i linguaggi di interrogazione, per accedere ai dati aziendali. I software non vengono progettati per i soli utenti IT con competenze specifiche, ma sono utilizzabili, con un po’ di pratica, da un utente qualunque.
I software attuali forniscono agli analisti la possibilità di condurre analisi ad hoc su grandi quantità di dati provenienti da molteplici fonti perché permettono di esaminarli facilmente, rivelando trend e schemi nascosti mediante strumenti di visualizzazione. Le righe e le colonne delle tradizionali tabelle di dati vengono sostituite infatti da svariati tipi di grafici che rendono l’interpretazione degli stessi dati molto più facile e veloce.
Questi strumenti hanno democratizzato l’analisi dati, perché l’hanno resa possibile anche per imprese di piccole dimensioni che non hanno a disposizione personale specializzato e dedicato. Inoltre, ne hanno notevolmente accorciato i tempi, aiutando così le aziende a prendere decisioni basate sui dati in un ambiente sempre più competitivo e in rapido cambiamento.
Articolo a cura di Francesco Longo
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