Si sente sempre più spesso parlare di intelligenza artificiale. Viene nominata nei telegiornali, nei talk show e anche i meno tecnologici di noi si sono ormai abituati ad incontrare questi termini nella loro quotidianità. Ma sappiamo davvero di cosa stiamo parlando? Nella maggior parte dei casi, probabilmente, ne abbiamo un’idea piuttosto confusa, legata solamente ad una generica innovazione tecnologica. Data la vastità e la complessità dell’argomento è impossibile approfondirlo qui in maniera esaustiva. Ci sono alcune implicazioni dell’intelligenza artificiale, tuttavia, che riguardano molto da vicino la quotidianità di tutti e delle quali vale la pena discutere.
Una di queste implicazioni è certamente il controllo che permette di avere sulla popolazione, garantendo altissimi livelli di sicurezza, pagando però un alto prezzo per quanto riguarda la privacy e le libertà personali. Una manifestazione di ciò è senza dubbio la Repubblica Popolare Cinese. In Cina ci sono, ad esempio, un numero elevatissimo di videocamere in rapporto alla popolazione. Queste telecamere si trovano ad ogni incrocio e in moltissime strade. Raccolgono informazioni ventiquattro ore al giorno, senza sosta. Raccogliere informazioni però non basta, ed ecco dove entra in gioco l’intelligenza artificiale.
Grazie a vastissimi database stracolmi di informazioni e immagini, di cittadini cinesi e non solo, l’intelligenza artificiale può fare il suo lavoro. Può, ad esempio, riconoscere un individuo con precedenti penali per rapine sostare in maniera sospettosa in prossimità di una banca. Può individuare un pedone che attraversa con il rosso e, riconoscendo il suo volto, multarlo. Insomma, è in grado di utilizzare la spaventosa quantità di dati immagazzinati per intervenire in maniera tempestiva, grazie ad un capillare sistema di sorveglianza.
Viste le sfide che i paesi occidentali democratici si trovano ad affrontare in questi decenni, l’introduzione di questi sistemi potrebbe sembrare un passo obbligato. Magari in forma ridotta e con l’introduzione di alcuni necessari correttivi, ma potrebbe apparire come un passo in avanti. Rafforzerebbe considerevolmente la lotta al terrorismo, ad esempio, e sarebbe un supporto preziosissimo per il tracciamento dei contatti in situazioni analoghe alla pandemia di Covid-19.
Non va però sottovalutato il prezzo da pagare in cambio di tutto questo. Dovremmo essere disposti a sacrificare gran parte della nostra privacy ed alcune libertà personali. Dovremmo accettare, come avviene ad esempio nella Repubblica Popolare Cinese, che la nostra individualità diventi subordinata alla collettività. Ma siamo davvero disposti a questo scambio? Cederemmo una delle cifre maggiormente significative della nostra società in cambio della sicurezza?
Ovviamente non è tutto nero o bianco, ma ci sono molte sfumature. Dei compromessi, magari sbilanciati a favore della libertà e della privacy, sono possibili. A volte forse risultano anche necessari, e l’abbiamo sperimentato in maniera inequivocabile nel periodo della pandemia. Tali compromessi però vanno sempre messi in campo con attenzione e profonda consapevolezza, per non scivolare in maniera inconsapevole in una direzione in cui non ci riconosciamo.
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