Per una buona selezione la chiave è l’ascolto delle esigenze della JE e dei candidati

Mi presento: 

Buongiorno, sono Lucrezia, associata area HR in JEst da un anno e sono stata Project Manager per il recruiting primaverile di JEst. A differenza dei miei colleghi, per lo più ingegneri gestionali, sono una studentessa magistrale di psicologia del lavoro, la prima ad entrare in associazione, e questo aspetto è stato utile per la fase del recruitment, in quanto avevo una visione differente rispetto ai miei colleghi. 

Com’è stato organizzare il recruitment di quest’anno?

Premetto che io ho partecipato solo ad un altro recruitment prima di diventare PM di quello appena concluso. All’inizio mi sono trovata un po’ spiazzata: come tutte le cose nuove, a cui non ci si era mai approcciati la vedevo come una sfida, ma grazie al team interfunzionale di soci dell’area HR, del marketing e  dell’area audit siamo riusciti a selezionare i migliori candidati rispetto alle esigenze della nostra associazione. Nonostante le difficoltà legate alla modalità telematica, il know-how dell’ultimo anno ed una forte intraprendenza sia degli associati sia dei candidati, hanno permesso di essere perfettamente preparati e pronti alla sfida.

Per noi che lo vediamo da fuori, il recruitment dura un paio di settimane più il periodo di prova, ma è davvero così?

Assolutamente no! Il processo di recruitment è qualcosa che da sempre ha occupato il responsabile d’area HR per un lungo periodo. Quest’anno abbiamo deciso di dare a questo processo un forte restyling, in quanto anche la modalità online non permetteva l’utilizzo delle stesse modalità fino ad ora attuate. Quindi la squadra che ha lavorato su tale progetto ha  iniziato a gennaio ed ancora deve finire.

Che cosa intendi con restyling?

Abbiamo deciso di strutturare i colloqui in modo che la selezione fosse il più oggettiva possibile. Grazie alle nuove competenze in area e ad un costruttivo confronto con Paola Bertorelle, membro AdBo di JEst, si è passati ad una selezione strutturata, oggettiva e con criteri di valutazione ben definiti. Tutto questo lungo ed impegnativo processo ha permesso di definire una griglia di valutazione e una serie di domande standard per evitare che la soggettività dei “selezionatori” potesse interferire troppo nel giudizio dei candidati. La procedura di selezione partiva sempre dall’analisi del curriculum del singolo candidato ma poi si spostava verso le domande già concordate tra i recruiter.

Qual’è stata la parte più difficile di questo processo?

E’ stato un processo lungo e complesso, che come dicevo prima, per alcuni aspetti non si è ancora concluso. Sicuramente la parte più complessa è stato cercare di capire quali fossero le soft skills necessarie per entrare in JEst e quelle specifiche da possedere per le varie aree. Un altro punto alquanto complesso è stato riuscire a rendere il tutto il più oggettivo possibile, assegnando dei punteggi che fossero calcolati in modo equo.

Qual’è stata la parte più difficile del recruitment?

Una volta che il processo è stato il più possibile oggettivizzato e standardizzato, la parte più difficile penso sia stata la selezione vera e propria dei candidati. Non essendo nessuno di noi selezionatore esperto e non richiedendo delle skills specifiche, ci si è concentrati sulle soft skills (come le abilità comunicative, l’intelligenza emotiva o la proattività ed imprenditorialità), devo dire che la parte più complessa è stato dover dire “ ok lui si e lui no”. Ma data la buona riuscita dei periodi di prova e dai feedback dei candidati, direi che la selezione è andata bene.

Qual’é stata la più grande paura che avevi durante il recruitment?

Devo ammettere di essere stata abbastanza in ansia per molti momenti del recruitment, infatti ci tengo a ringraziare Alessia De Luca che è stata al mio fianco per tutto il processo ed anche la nostro responsabile Marco che ho spesso bombardato con  i miei dubbi e preoccupazioni. Tornando alla domanda, le preoccupazioni sono state diverse: nella prima fase avevo paura si presentassero pochi candidati e/o che non ci fossero candidati “ideali”. Successivamente, durante la fase dei periodi di prova, il timore maggiore era che tutti i candidati si ritirassero. Durante l’assemblea generale di benvenuto ai nuovi associati, forse, ero più in ansia dei candidati stessi, avevo paura di qualsiasi cosa! Ma come detto prima, alla fine è andato tutto bene. 

Cosa pensi si debba fare ancora per il processo di recruitment?

Sicuramente come dicevo all’inizio il processo di recruitment è qualcosa di lungo che deve essere strutturato bene. E’ importante che i futuri recruiter che faranno i colloqui siano ben formati. Una parte importante del processo di recruitment sono i colloqui di gruppo, che per la modalità online erano stati sospesi, e sarebbe necessario ristrutturarli; partendo a capire cosa si vorrebbe ottenere da queste prove. Anche i periodi di prova rappresentano un punto cruciale, ed a mio parere sarebbe bello che non fossero un momento distaccato ed a sé rispetto al lavoro d’area, ma che i candidati potessero entrare più attivamente nei meccanismi associativi per capire fin da subito se è davvero ciò che si aspettano. 

Cosa ti porti a casa da questa esperienza?

Come dicevo in apertura, avendo una formazione da psicologa, la cosa più bella è stato poter vedere applicati tutti i meccanismi che avevo solamente studiato sui libri. E devo dire che la soddisfazione di vedere i risultati di una buona selezione, aver acquisito candidati validi e vogliosi di mettersi in gioco mi fa pensare che il lavoro fatto con la mia squadra sia stato fatto bene. Inoltre è stato il primo lavoro che mi ha vista ricoprire un ruolo da responsabile, mi ha permesso di mettermi in gioco e di acquisire maggiori competenze anche con il rischio che alcune scelte prese potessero non essere le migliori o le più funzionali. Direi che però la cosa più importante che mi resta da questa esperienza è che senza un buon team ed il supporto e lavoro continuo dei miei colleghi io da sola non avrei fatto molto. Collaborazione e comunicazione devono essere alla base. 

Articolo a cura di Lucrezia Sora

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